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Mostre al Centre Pompidou di Parigi PDF Stampa E-mail
Scritto da Giudi Scotto Rosato   
sabato 10 marzo 2007
Indice articolo
Mostre al Centre Pompidou di Parigi
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A partire dagli anni Sessanta, gli artisti cominciano ad attingere dal cinema e dalla televisione nuovo materiale emotivo e percettivo. Afferma Robert Long: «Je pense que le publique Américain a toujours été fasciné par les photographies des vrais morts ou des gents en train de mourir». Per realizzare Men in the cities (1980), Longo dirige i suoi modelli come se fossero degli attori: li conduce sui tetti dei palazzi, li spinge e li fotografa in posizioni di disquilibrio. A partire da foto a grandezza naturale, elabora poi le figure attraverso un lavoro di ripresa e di montaggio. Nel corpo sospeso, Longo dispiega insomma l'intero arsenale stilistico dell'esperienza cinematografica.
L'interessante allestimento de Le mouvement des imges non è un'eccezione. Il museo nazionale d'arte moderna di Parigi non si popone semplicemente di presentare gli artisti, ma piuttosto di inserirli in prospettive illuminanti, in grado di cogliere aspetti nuovi e sorprendenti. In quest'ottica, il Centre Pompidou propone le mostre: Robert Rauschenberg. Combines e Yves Klein. Corps, couleur, immatériel.
Robert Rauschenberg (Port Arthur, Texas, 1925) è un fotografo e pittore statunitense caratterizzato da un percorso artistico eclettico. L'ampio ventaglio di temi affrontati e di stili, di materiali, di tecniche utilizzate, gli ha consentito di preservare una certa indipendenza artistica: vicino alla pop-art senza tuttavia mai aderirvi realmente, ha innescato un'inedita corrispondenza con l'espressionismo astratto.
L'esposizione al Centre Pompidou si focalizza per la prima volta sulla produzione dei Combine-painting (1954-1961) tra cui ritroviamo il celebre Monogram. Le opere di Rauschenberg hanno una loro unicità determinata dal modo in cui l'artista sceglie e accosta i differenti tipi di materiali, dalla sovrapposizione del collage e delle parti dipinte a mano, dalle immagini in composizione reticolare libere, dal riciclaggio e riutilizzo del prodotto di scarto.
Rauschenberg impiega il termine "Combine" per designare le opere in cui immagini e oggetti del mondo reale sono assorbite dalla pittura astratta, abolendo ogni frontiera tra pittura e scultura. Presentare oggetti di uso quotidiano o rottami come opere d'arte e come elementi di una composizione, non è una novità assoluta: lo avevano già fatto i dadaisti sin dal primo dopoguerra. Il pittore statunitense, su questa scia, ma senza alcun intento dissacrante o polemico, non fa che constatare la realtà d'ogni giorno: quella degli oggetti prodotti in serie, della segnaletica stradale, dei cartelloni pubblicitari e degli altri mass media.
I combine-paintings sembrano fondere il dialogo permanente tra l'arte e le differenti tecniche medianiche, tra l'artigianato e i ready-made, tra la tecnica gestuale della pittura e l'immagine riprodotta meccanicamente. Insomma, Rauschenberg tenta di riempire il vuoto esistente tra l'arte e la vita, di reintrodurre nella storia dell'arte un immaginario riconducibile anche alla realtà quotidiana.
Protagonista dell'esposizione è Monogram, un combine di straordinaria efficacia espressiva, che con sovrapposizioni inaspettate rimarca l'originalità e la creatività inconsueta dell'artista statunitense: una capra impagliata avvolta da un pneumatico posta su una tela messa in orizzontale, sulla quale si trovano cocci di ogni tipo.



Ultimo aggiornamento ( sabato 10 marzo 2007 )
 
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