Intervista al pittore Umberto Leonetti
Scritto da Annalisa Dell'Annunziata   
sabato 20 gennaio 2007
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CICLI TRASMUTATIVI 1997, Serigrafia 101 x 72

In attesa di vedere esposte le sue grandi tele nelle sale del Castel dell'Ovo (inaugurazione giovedì 12 Aprile ore 17,00), l'artista, Umberto Leonetti, attraverso l'intervista di seguito riportata, analizza ed indica gli obiettivi dell'arte: «L'arte è strumento anche e soprattutto di conoscenza e crescita per sé e per gli altri, se opportunamente consumata e vissuta nella coscienza delle sue potenzialità».

Quali studi sono stati più incisivi e formativi per la sua produzione?
Dopo aver compiuto gli studi artistici m'interessai alla filosofia e poi alla psicologia. Ancor prima dell'alchimia sono stato un appassionato d'esoterismo e, prima ancora, uno studioso molto attento d'antroposofia. Ricordo di aver letto quasi tutti i libri di Rudulf Steiner. Sull'alchimia hanno scritto in modo approfondito Jung ed Evola, autori che ho studiato successivamente traendo vari e preziosi insegnamenti. Studiando l'alchimia classica nelle sue formulazioni ufficiali e poi nell'investigazione pratica, i cambiamenti in me, e di conseguenza nel mio lavoro, sono stati evidenti all'inizio degli anni Ottanta. Ancora oggi, seppure in modo più leggero, continuo ad affrontare problematiche alchemiche.

I valori estetici di un'opera possono essere condizionati dalle proprie ragioni culturali?
Ricerche e studi compiuti o ancora da compiere rappresentano la mia realtà, la mia dimensione fatta d'impulsi e tensioni incontrollabili. La mia esperienza mi porta a considerare che l'estetica di un'opera è subordinata al suo contenuto, poichè traduce in forma una realtà profonda. Le cose, gli oggetti immaginati, come tante altre manifestazioni formali rappresentano valori relativi, al contrario di un'estetica assoluta che considera la relazione tra il relativo e l'assoluto.

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Proiezioni 1997, Serigrafia 101 x 72

Nel piacere immediato di vedere una sua opera, a volte ci si ritrova a confrontarsi con tematiche impegnative che non sempre si rapportano con le esigenze del momento.
Lo smarrimento, che si prova talvolta rispetto a manifestazioni che trascendono l'ordinario, è molto comune. Ma, il prodotto artistico, se risveglia contenuti, memorie e dimensioni ancestrali e straordinarie, assolve in pieno alla sua funzione, che è quella di portare a conoscenza l'ignoto. E, quindi, credo che l'arte abbia soprattutto questa funzione. Nel mio caso, il messaggio, essendo di categoria subliminale, può essere compreso in tutto o in parte, in relazione ai contenuti interiori e alla specifica preparazione di chi lo fruisce.

L'artista che cerca di dare significato alla propria opera non limita il valore artistico del suo prodotto?

Athànor Sublimanti 1997, Serigrafia 101 x 72

Dal mio punto di vista no.
Voglio però sottolineare che, quasi sempre, la mia opera procede realizzandosi attraverso una doppia modalità: una empirica e l'altra cosciente. Il piacere che provo a produrre è oggettivato nella dimensione vissuta. Con essa viene espressa la ricerca, la tensione penetrativa, la lucidità e la coscienza di quel preciso momento. Il modo di interpretare, più o meno correttamente, ciò che la fenomenologia della natura ci propone, stabilisce i parametri di una dimensione interiore raggiunta. Cioè lo sforzo cosciente di indagare le situazioni mentali e psichiche che permettono la creazione, spinge ad approfondire i meccanismi dei processi evolutivi, mai legati alla casualità. L'artista che si affida soltanto o in gran parte al proprio istinto, alla propria irrazionale ragione di essere, fa opera parziale ed incompleta. L'uomo si oggettiva nelle tensioni comprese tra la coscienza e l'incoscienza, e tutti i meccanismi dinamici del suo essere riflettono i vari statuti che, gradualmente razionalizzati, affiorano dal suo profondo.

Ogni opera può essere configurata secondo varie interpretazioni e linguaggi. Esistono linguaggi più incisivi e rispondenti alle esigenze dei contenuti che l'artista propone?
Una estetica simbolista è più adatta a trascrivere valori assoluti. Essa propone la lettura di un significato attraverso forme-simbolo che diventano archetipi, ma non sono assolutismi. Nel mio percorso, sono stato simbolista e sarei rimasto tale se la necessità di oggettivare più compiutamente le esperienze vissute non mi avesse spinto a cercare un linguaggio ancora più sofisticato, come quello subliminale. Per questo, prioritario al sistema espressivo esiste un atteggiamento introspettivo che ne modula le manifestazioni. Indubbiamente, il tentativo è quello di esprimere l'una e l'altra polarizzazione del vissuto interiore, sforzandosi di penetrare l'inconscio, l'incosciente, o l'invisibile. In questo modo, lo stesso lavoro diventa un mezzo di espressione e di proiezione. Il risultato, espresso simbolicamente, rivela, quindi, alcune delle regioni dell'inconscio.

Quali sono i rapporti tra l'estetica contemporanea e la cultura ermetica?

Per spiegare il mio punto di vista bisogna far riferimento ad alcuni parametri propri della cultura ermetica. Senza la conoscenza dei precostituiti ermetici non è possibile spiegare le dinamiche dei cambiamenti delle estetiche moderne. A fondamento di qualsiasi indagine va preposto il dogma che tutto evolve, si modifica, cambia e si trasmuta in virtù e per un perfezionamento della entità quintessenziale del Tutto. Ciò omologato nel micro e nel macro: cioè lo stesso fenomeno si riscontra nel microcosmo uomo e nel macrocosmo dell'UNO.
Ora, l'estetica contemporanea si esprime essenzialmente nel superamento della forma. Il tentativo di portare a conoscenza ciò che è nascosto e irraggiungibile si esprime attraverso due modalità contrapposte, le cui polarità sono comprese tra gli estremi degli artisti coscienti e quelli che producono assecondando l'istinto.
In un suo scritto Evola, considerando la funzione dell'Io nelle espressioni artistiche, annota che nell'arte formale e classica, laddove l'immanente e divino nascosto nel profondo si esprime, l'artista si pone come medio: più l'immanente affiora attraverso di lui, più l'opera assume valenza assolutistica. Col progredire dell'io, le ragioni che pongono l'artista veicolo dell'immanente, gradualmente decadono e come ben acutamente Evola vedeva, il suo io ha iniziato a rivendicare una funzione propria e a porsi, non più come strumento passivo, ma come attore principale. Nel prendere coscienza della sua dimensione, l'entità dell'io individuale assume tutte le funzioni di suo padre (l'immanente) e si esprime non attraverso l'artista, ma come artista, cioè contenuto e contenente partecipi di una stessa finalità.

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Il Graal 1997, Serigrafia 101 x 72

Da quanto detto, le estetiche contemporanee esprimono le dinamiche evolutive delle coscienze tese a concepire e confermare un proprio statuto, una propria dimensione in una graduazione che va dal conscio all'inconscio. Noi abbiamo tutta una serie di manifestazioni artistiche comprese negli estremi della coscienza delle necessità dell'io a quella degli eccessi dell'istinto che vede il tutto come attraverso una lente deformante. Da ciò la molteplicità delle correnti artistiche, delle tendenze, delle rivendicazioni, dei proclami e delle manifestazioni formali.
Credo che tutta l'arte contemporanea sia una rappresentazione approssimativa delle dinamiche più profonde che regolano l'evolversi dell'unitarietà dell'immanente. Le sue manifestazioni non possono assumere carattere d'universalità perché hanno e sono legate a funzioni storiche e, pertanto, sono effetti transitori di dinamiche evolutive e temporali.
Sono artisti gli uomini che, in un'infinita gradazione di motivazioni e intenti, incarnano ed esprimono più direttamente le dinamiche evolutive dell'esistente; artisti alchimisti, coloro che, coscientemente, sono chiamati ad assumere funzioni creative nelle soluzioni delle molteplici necessità dell'esistenza.

Cuma, 31 Dicembre 2006

Bibliografia

AA. VV., L'alchimia nelle opere di Umberto Leonetti, Edizione Mazzotta, Milano, 1996.

G. Bilotta, A. Montano, Rinaldo Reale, LEONETTI e la pittura sub – liminale. Opere dal 1968 al 1988, Marotta&Marotta, Napoli, 1992.

Pubblicato su:
Viatico, XI, n. 42,
gennaio/febbraio 2007

Ultimo aggiornamento ( domenica 21 gennaio 2007 )